I formati del torrone
Il torrone è un prodotto plastico e versatile per sua natura. Può assumere qualsiasi forma. Non stupisce che se ne siano affermati diversi formati. Diverso è il discorso che riguarda la durezza. Il torrone nasce friabile; quindi, duro. La sua rigidità può essere affrontata in due modi: addentandolo, se i denti sono pari al compito, oppure spezzandolo in schegge e succhiandolo come una caramella, che poi sarebbe la maniera ideale di degustarlo. Siccome, però, la pazienza necessaria a questo tipo di fruizione ormai da decenni non fa più parte della nostra cultura (tanto è vero che le stesse caramelle sono ormai un genere piuttosto desueto), qualche pasticciere con sicuro istinto del marketing ha pensato di inventare il torrone morbido, cioè una variante con un contenuto d’acqua superiore. Tutti i formati, perciò, sono da moltiplicare per due, perché disponibili sia in versione dura, sia morbida.
La stecca
Dei formati è il più classico. Nasce da una sfoglia spianata a mano, poi protetta da due fogli di ostia e quindi divisa in porzioni attraverso tagli paralleli. Può raggiungere diverse dimensioni. Classico del Natale, arriva in tavola dopo pasti pantagruelici. È tradizionalmente compito del pater familias dividerlo in tocchi per tutti i commensali.
Il blocco
S’impone in situazioni da fiera, probabilmente per la sua spettacolarità. In quei contesti risulta funzionale anche per la possibilità di venderlo a pezzi. Proprio come il parmigiano.
Il torroncino
Una formula più recente, forse d’invenzione siciliana. Lo scopo è quello di ingentilire un prodotto popolare, per la diffusa convinzione che “più piccolo” faccia “più fine”. In realtà i formati più ridotti, in versione morbida e ricoperta di cioccolato e magari in più gusti, hanno un effetto di mercato tutt’altro che secondario: uno tira l’altro, come le ciliegie.